Fin dal 1560 esistevano a Casorate, tre chiese: S. Maria, S. Ilario e S. Stefano.
Dalla visita pastorale di S. Carlo Borromeo alla pieve di Gallarate "tratta dal Bollettino Parrocchiale di S. Maria Assunta di Gallarate, anno 1913", si legge: "Col giorno 24 giugno il Cardinale interruppe la visita della nostra pieve per andare alla visita delle pievi di Arsago, Mezzana e Somma". (Casorate era allora pieve di Arsago). Le parrocchie di queste pievi erano poveri e piccoli villaggi sparsi sopra un vasto territorio, coperto in gran parte da folte boscaglie, ricche di selvaggina e anche di molti lupi feroci.
Il prevosto di Arsago, Hieronimo Visconti, così scriveva a proposito dei lupi in una sua lettera al Vicario Generale G. B. Castelli, in data 21 gennaio 1573: "Nelle nostre parti li lupi fanno gran danno alle psone (persone) et max e di pnte (e massimamente di presente) nella terra di Casorà e di Arsago li lupi hanno mangiato tre figlioli di anni dieci" (Archiv. Arciv. Sezione X, Pieve di Arsago, vol. ms. 7).
San Carlo dovette dunque in quei giorni sostenere moltissime fatiche, anche per la mancanza di buone strade.
Di questa visita è rimasto nell'archivio del comune di Casorate un documento nel quale sono segnati alcuni terreni detti "di Santa Maria" registrati negli atti della visita personale di San Carlo nel 1570.
San Carlo Borromeo venuto in visita parrocchiale nel giorno 26 giugno 1570, dava alcune ordinazioni per ciascuna di queste chiese.
Per la parrocchiale prescriveva tra l'altro (S. Maria): "si levino l'altar di Santo Antonio et quello di Santa Maria. Rifacendo quello di Santa Maria dentro una nizza nel luogo dove ora è la finestra nella nave di man sinistra all'entrare della Chiesa sotto la qual capischa l'altare et tutta la brandella qual si faccia secundo la forma".
Per la chiesa di Sant'Ilario comandava: "l'altare si faccia grande alla misura con la sua brandella (predella) secundo la forma della regulle generalle". "Se li provveda di una pietra sacratta qual se inserischa nella mensa dell'altare. Si rinovano le picture dell'anchona; sopra la finestra all'altar magiore, se li faccia la ferada et la stamegna. Si soffitti il cielo della chiesa. La finestra appresso terra in fundo si rifaccia tanto in alto che stando di fora no si possa guardar in chiesa".
Per la chiesa di Santo Stefano (ubicata presso l'attuale località boscaccio alla periferia est del paese) "che fra boschi: si levi del tutto, et la materia la àpplichiamo alla chiesa parrocchiale".
Di queste tre chiese ora non rimane che Sant'Ilario, ma non il Sant'Ilario antico. Recentemente fu ampliato, modificato, e del Sant'Ilario antico rimane una muraglia su cui si conservano un affresco rappresentante la Vergine ed il trittico che per ordine di San Carlo fu rinnovato e che ora si conserva nella chiesa parrocchiale a destra del presbiterio, di lato alla cantoria. Questo trittico viene attribuito, dal professor Angelo Bellini dopo aver consultato il conte Malaguzzi Valeri della Pinacoteca di Bologna, a Zanetto Bugato, pittore prediletto della corte di Francesco Sforza dal 1458 al 1474. È su tavole di legno e rappresenta Gesù Bambino adorato da Maria da San Giuseppe e dagli angeli: a destra è rappresentato Sant'Ilario, a sinistra Santo Stefano, in basso cinque piccoli quadretti di santi; in alto il Padre Eterno che benedice.
Il dipinto è ben conservato, ma è stato evidentemente ritoccato perché nel 1564 San Carlo lo trovò tanto guasto da comandare urgenti riparazioni.
Santo Stefano fu subito abbattuto.
Anche la parrocchiale (Santa Maria) non esiste più. Di essa c'è forse solo la Madonna della Rosa, affresco che si trova nella cappella di San Tito, la seconda a destra.
L'attuale chiesa parrocchiale fu iniziata nel 1621, precisamente nel giorno dell'Ascensione, come si legge sull'epigrafe di granito che tutti possono ancora vedere. Il parroco era Ambrogio Chiaravalle nativo di Casorate e suo fratello Giuseppe pose la prima pietra. Il parroco Chiaravalle morì nel 1623, ma la costruzione della chiesa continuò così che nel 1644 era già tutta compiuta, sebbene i muri fossero ancora ruvidi e mancasse il pavimento e il campanile arrivasse solo al tetto della chiesa. E a una sola navata con sei cappelle laterali, in perfetto stile seicento (barocco povero).
La popolazione di Casorate, quando si iniziò la chiesa, era di cinquecento anime. I nostri antecessori costruirono una chiesa sufficiente per 2000 anime. Nel 1925 la popolazione di Casorate era di 2500 persone: l'edificio non bastava più e si pensò di ampliarla.
Consultato l'architetto Oreste Benedetti, si decise di prolungare in avanti la navata centrale di un terzo e di aggiungere altre due cappelle laterali.
I lavori incominciati il 15 aprile 1925, terminarono il 15 aprile 1926. L'opera è riuscita bene, le proporzioni sono esatte. Si direbbe quasi che la chiesa sia uscita, quale è al presente, di prima costruzione.
Il 20 agosto 1926 fu consacrata, da Mons. Giovanni Rossi.
La chiesa parrocchiale di Casorate contiene vere opere d'arte scultoria: l'altare maggiore, l'altare di San Tito, l'altare della Madonna, il confessionale, la cantoria, tutte pregevoli per il lavoro e l'antichità. Le più importanti e degne di maggior attenzione sono l'altare maggiore e l'altare di San Tito.
Nell'altare maggiore numerosissimi puttini sostengono un tempietto con 14 colonnine lavorate e dorate. Di sopra altre colonne e capitelli sostengono una cupola su cui campeggia il Redentore; dappertutto bassorilievi ed intagli. Ai lati due grandi cherubini in adorazione contemplano il tabernacolo in legno dorato ed intagliato. C'erano anche numerose statuette di santi e angeli. Dinanzi la mensa dell'altare, un pallio d'intaglio finissimo: angeli e puttini in vari atteggiamenti; numerosissimi fregi contornano il quadro centrale che rappresenta Gesù che entra trionfante in Gerusalemme.
Il lavoro è opera dello scultore Antonio Pino e fu eseguito nel 1668 (si trova ancora il contratto).
Nell'altare di San Tito notiamo dall'alto in basso la figura del Padre Eterno con le mani in atto di proteggere. Molto belle sono le statue di San Gioacchino e di Sant'Anna. Un bassorilievo rappresenta il martirio di San Tito. Attorno ad un affresco che rappresenta la Vergine con il Bambino, fanno da cornice 15 piccoli quadretti rappresentanti i misteri del rosario.
L'autore dell'altare è lo stesso Pino che fece l'altare maggiore. Non èstato trovato il contratto: però nei conti della chiesa il 15 maggio 1679 si trova: "pagati nelle mani del signor Antonio Pino a conto del'ancona del Santo da farsi et quali a buon conto L. 163".
Il 14 ottobre 1687 si trova: "pagati per la spesa cibaria si fece alli operai nell'atto si mise in opera l'ancona L. 18,15".
Il lavoro durò dal maggio 1679 all'ottobre 1687. Il successore del parroco Brabanti, che aveva ordinato il lavoro, fu Francesco Cambiago che, il 16 giugno 1688, faceva il contratto per l'altare della Madonna, anch'esso in legno intagliato e dorato. Il lavoro è di molto inferiore agli altri due altari.
Nel 1693 il 29 marzo entrava nei conti il nome di Martino Rossignollo di Intra che riceveva per l'ancona L. 300.
Pare dunque che il Pino fosse morto e terminasse l'opera il Rossignollo. Ciò spiegherebbe la differenza di lavoro.